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Quando un’opera è realmente precaria e non serve il permesso di costruire?

Opera precaria e permesso di costruire: se il manufatto non riveste realmente il carattere di precarietà, né di semplice pertinenza, si configura come nuova costruzione e necessita di titolo abilitativo L’astratta rimovibilità delle opere non impedisce di considerarle come nuove costruzioni ai fini edilizi e quindi necessitanti di un titolo autorizzativo.

Data:
22 Febbraio 2018

Opera precaria e permesso di costruire: se il manufatto non riveste realmente il carattere di precarietà, né di semplice pertinenza, si configura come nuova costruzione e necessita di titolo abilitativo

L’astratta rimovibilità delle opere non impedisce di considerarle come nuove costruzioni ai fini edilizi e quindi necessitanti di un titolo autorizzativo.

Questa la conclusione cui sono pervenuti i giudici del Tar Lombardia con la sentenza 354/2018 con cui respinge il ricorso di un cittadino privato e conferma la demolizione dell’immobile abusivo.

I fatti

Il caso riguarda il ricorso presentato dal proprietario di un terreno contro il provvedimento del Comune di demolizione di un’opera abusiva: una struttura mobile e provvisoria, posizionata nel proprio terreno ed adibita a casa mobile da oltre un decennio.

Il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento in quanto il manufatto, di cui si è ordinata la demolizione, sarebbe rimovibile (solo appoggiata al suolo) e non comporterebbe un mutamento permanente dell’assetto urbanistico. Il Comune, costituito in giudizio, chiede il rigetto del ricorso.

Sentenza Tar Lombardia

Il Tar Lombardia, analizzati i fatti, respinge il ricorso in quanto il manufatto in questione non riveste il carattere di precarietà, né di semplice pertinenza e necessita quindi del permesso di costruire.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, dpr 380/2001, sono da considerarsi interventi di “nuova costruzione”:

l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore;

Pertanto, secondo la consolidata giurisprudenza, la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, presuppone un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo.

Nel caso in esame si tratta, quindi, di manufatto non precario: una casa mobile che da oltre un decennio è strettamente legata al soddisfacimento delle esigenze del ricorrente e della sua famiglia.

Inoltre, il manufatto non può ritenersi una semplice pertinenza tenuto conto delle dimensioni: una superficie di circa 80 m2, per un’altezza variabile da un minimo di 2,83 m a un massimo di 3,58 m. In materia edilizia, infatti, sono qualificabili come pertinenze solo le opere prive di autonoma destinazione e che esauriscono la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.

Alla luce della violata normativa edilizia e del compromesso assetto urbanistico del territorio (la zona in cui è stata posizionata la casa mobile era classificata come agricola e risulta, pertanto, soggetta anche al vincolo di rispetto stradale), il manufatto risulta essere abusivo e quindi legittimo il provvedimento di demolizione.

Ultimo aggiornamento

24 Febbraio 2018, 09:34