Piscina pertinenziale: è realizzabile anche in zona agricola
Tar Sicilia: una piscina costituisce in generale opera pertinenziale che non implica consumo dei suoli per le sue caratteristiche Una piscina pertinenziale è perfettamente compatibile con la zona agricola in quanto la giurisprudenza pacificamente riconosce l’assentibilità, in quanto pertinenziale rispetto ad edificio residenziale di una piscina realizzata in zona agricola, finanche in sede di sanatoria (T.
Data:
20 Febbraio 2019
Tar Sicilia: una piscina costituisce in generale opera pertinenziale che non implica consumo dei suoli per le sue caratteristiche
Una piscina pertinenziale è perfettamente compatibile con la zona agricola in quanto la giurisprudenza pacificamente riconosce l’assentibilità, in quanto pertinenziale rispetto ad edificio residenziale di una piscina realizzata in zona agricola, finanche in sede di sanatoria (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, sentenza n. 931/2018).
E’ questa l’importante precisazione contenuta nella sentenza 433/2019 dello scorso 14 febbraio del Tar Sicilia (Catania), che ha accolto il ricorso contro il provvedimento di una Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali che aveva concesso il nulla osta per il “progetto relativo ai lavori di sistemazione esterna, realizzazione piscina, modifiche interne ed apertura finestre, pertinenti ad un fabbricato destinato a civile abitazione”, prescrivendo però che la piscina interrata dovesse essere realizzata “esclusivamente in zona omogenea ‘B2’ del Piano Comprensoriale del Comune di…”.
Per il Tar, ciò che appare dirimente – sul piano sostanziale – è che anche ove la prescrizione medesima avesse inteso riferirsi alla zona qualificata come B3, essa sarebbe affetta dal dedotto sviamento.
I poteri e i limiti della Soprintendenza
La Soprintendenza – continuano i giudici catanesi – ha infatti condizionato la compatibilità paesaggistica della piscina per un verso – in modo del tutto conforme al relativo paradigma normativo, e alla causa del relativo potere – a modifiche progettuali (non impugnate) incidenti sull’aspetto estetico-culturale dell’opera (“le pareti ed il fondo vengano rifinite con intonaco costituito da sabbia e cemento additivato con resina epossidica, nelle giuste proporzioni e ultimati con ‘pastella di cemento’ colorata con ossidi minerali nella tonalità delle terre naturali o, in alternativa, con malta colorata preconfezionata cementizia osmotica nello stesso colore del terreno circostante”); e, per altro verso, alla contestata traslazione in diversa zona urbanistica.
Quest’ultima prescrizione, oltre a non essere motivata, e ad essere comunque di dubbia ragionevolezza e logicità sotto il profilo della cura dell’interesse pubblico (alla tutela del paesaggio) cui è correlata la causa del potere esercitato (alla luce del fatto che essa comporterebbe uno spostamento di soli metri 1,30), appare in ogni caso viziata da un uso del potere preordinato alla cura di interessi diversi (nella specie, urbanistici) rispetto a quello portato dalla norma attributiva. Va infatti rammentato che “la tutela paesaggistica, siccome garantita dall’art. 9 della Costituzione, si giustifica non per il dato fisico in sé, ma per i valori estetico-culturali di cui esso è portatore” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sentenza n. 150/2015).
I poteri volti all’accertamento della compatibilità urbanistica e paesaggistica di un’opera, ancorché incidenti sul medesimo ambito territoriale, appartengono ad autorità diverse e soprattutto sono funzionali alla cura di interessi diversi (il primo all’ordinato governo del territorio, il secondo alla tutela della identità estetico-culturale dei siti).
La Soprintendenza, in definitiva, nell’escludere la realizzabilità della piscina in zona agricola, e nel richiederne lo spostamento in zona residenziale senza alcuna motivazione che evidenziasse la sussistenza di possibili ragioni di tale scelta sul piano della complessiva conformazione estetico-culturale dell’area, si è arrogata un potere di natura urbanistica, di competenza di altra autorità.
Piscina realizzata in zona agricola: la pertinenzialità
Tra l’altro, come pure dedotto in ricorso, per costante indirizzo giurisprudenziale (cui aderisce questo T.A.R. almeno a partire dalla sentenza n. 1253/2012, nella quale si è affermato che “una piscina costituisce in generale opera pertinenziale che non implica consumo dei suoli per le sue caratteristiche”), anche da un punto di vista urbanistico la realizzazione di piscine interrate in zona agricola è conforme alla disciplina di piano. Tanto che la giurisprudenza pacificamente riconosce l’assentibilità, in quanto pertinenziale rispetto ad edificio residenziale (elemento incontestato nella fattispecie dedotta, e peraltro risultante documentalmente), della piscina realizzata in zona agricola, finanche in sede di sanatoria (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, sentenza n. 931/2018): il che a fortiori induce a ritenere legittima la sua realizzazione in sede di rilascio del titolo abilitativo.
Non vale poi considerare, in relazione alla specifica fattispecie dedotta, la circostanza che alcune delle pronunce richiamate in ricorso si riferiscono a piscine prefabbricate, dal momento che le piscine interrate (quale quella oggetto del presente giudizio) presentano un impatto paesaggistico sicuramente minore.
In definitiva, il provvedimento della Soprintendenza è dunque doppiamente illegittimo: sia perché costituisce esercizio del potere di valutazione paesaggistica facendosi carico, con sviamento dalla causa tipica di detto potere, di una valutazione di tipo esclusivamente urbanistico; sia perché quest’ultima valutazione è comunque in contrasto con il relativo paradigma normativo alla stregua dell’indirizzo giurisprudenziale che si è richiamato.
Ultimo aggiornamento
20 Febbraio 2019, 20:38