MODIFICHE AL DPR 380/2001 CON LA CONVERSIONE IN LEGGE DEL D.L. C.D. “SALVA-CASA”
In allegato i moduli NON ufficiali
Data:
8 Agosto 2024
Con la legge 24/7/2024 n. 105 è stato convertito in legge con modificazioni, il decreto-legge n. 69 del 29 maggio 2024 recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” c.d. Salva-casa”. Sono ora a regime le corpose modifiche al DPR 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Il D.L. 69/2024 è in vigore dal 30 maggio. Le modifiche di cui alla Legge di conversione n. 105/2024 sono in vigore dal 28 luglio (giorno successivo a quello della pubblicazione nella G.U. n. 175 del 27/7/2024). Durante l’iter parlamentare sono stati modificati articoli del dpr 380/2001 sui quali il D.L. 69/2024 era già intervenuto, altri che non erano stati oggetto di intervento e nuovi articoli aggiunti.
Obiettivi delle nuove disposizioni sono:
- semplificazione in materia edilizia e urbanistica anche al fine di consentire la riqualificazione e valorizzazione economica degli immobili;
- far fronte al crescente fabbisogno abitativo supportando gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo;
- rilanciare il mercato della compravendita immobiliare in totale stallo per le incertezze del quadro normativo di settore;
- superare incertezze applicative con particolare riferimento al patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo del suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato.
Le Regioni
Le Regioni devono ora coordinare e adeguare le proprie leggi dell’edilizia con le novità del c.d. “Salva-casa” . Nel farlo sarebbe di semplificazione se adottassero nella propria disciplina regionale (alcune Regioni lo hanno già fatto), una previsione di rinvio dinamico alla legge statale che preveda l’automatico inserimento nella normativa regionale, di successive eventuali modifiche di quella nazionale. Si eviterebbero le immancabili incertezze operative e interpretative per stabilire, ogni volta, quali modifiche hanno effetto prevalente sulla normativa regionale e dunque abbiano immediata applicazione e quali debbano essere prima recepite dalla norma regionale. Ciò anche considerando che la normativa del TUE è espressiva dei principi fondamentali in “materia di governo del territorio”, per cui la sopravvenienza di una norma statale di principio in tale materia, ha effetti normativi diretti e prevalenti e determina l’automatica sostituzione della norma regionale antecedente con essa in contrasto e l’obbligo per le Regioni di adeguarsi.
Modifiche al dpr 380/2001 (TUE) a regime
Quest’ultimo ennesimo intervento di modifica alla normativa dell’edilizia, anticipa forse alcuni contenuti della tanto attesa riforma organica e complessiva del TUE che comunque è necessaria e pare ancora sul tavolo.
L’articolo 1 recante “Modifiche al dpr 380/2001 (TUE)” del decreto-legge 69/2024 a regime, interviene sulla disciplina dell’edilizia con riguardo a:
- Recupero sottotetti (art. 2-bis);
- Edilizia libera (art. 6);
- Stato legittimo dell’immobile (art. 9-bis);
- Interventi subordinati a pdc (art. 10, comma 2 modifica di mero coordinamento con l’art. 23-ter, comma 1-quinques)
- Mutamento della destinazione d’uso (art. 23-ter);
- Agibilità (art. 24)
- Abusi edilizi (art. 31);
- Variazioni essenziali (art. 32, comma 3);
- Parziale difformità dal pdc (art. 34, comma 2);
- Tolleranze costruttive (art. 34-bis);
- Varianti in difformità dal titolo rilasciato ante L. 10/1977 (art. 34-ter di nuovo inserimento);
- Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità (art. 34-ter articolo di nuovo inserimento);
- Accertamento di conformità (art. 36);
- Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità (art.36-bis di nuovo inserimento);
- Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA (art. 37).
Le novelle al dpr 380/2001, a regime, sono di seguito illustrate seguendo l’ordine degli articoli modificati e di nuovo inserimento.
RECUPERO SOTTOTETTI IN DEROGA ALLE DISTANZE
(art. 2 Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati)
All’art. 2 del TUE è inserito il nuovo comma 1-quater che reca una disposizione inerente il recupero dei sottotetti.
Tale nuova disposizione, al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa e limitare il consumo di nuovo suolo, dispone che nei limiti e con le procedure previste dalla legge regionale, il recupero dei sottotetti è consentito anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini con le seguenti condizioni:
- che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio;
- che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali;
- che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo.
La disposizione precisa a chiusura del comma che “Resta fermo quanto previsto dalle norme regionali più favorevoli”.
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Molte Regioni hanno da tempo una propria disciplina sul recupero dei sottotetti, ora fatta salva dalla novella statale. La modifica interviene sulle “distanze tra edifici e dai confini”, consentendo, a determinate condizioni, il recupero dei sottotetti. I limiti di distanza tra fabbricati sono stabiliti dal D.M. 1444/1968 art. 9; i limiti di distanza dal confine sono stabiliti dai regolamenti edilizi e dalla pianificazione comunale che possono prevedere una distanza maggiore di quella fissata all’art. 873 del c.c. La disciplina delle distanze è riservata all’esclusiva competenza legislativa dello Stato in materia di ’”ordinamento civile”.
EDILIZIA LIBERA
(art. 6 Attività edilizia libera)
L’art. 6, comma 1, del TUE è modificato alla lett. b-bis) ed è inserita la nuova lett. b-ter) che prevede una nuova tipologia di attività edilizia libera.
La modifica amplia la casistica degli interventi di edilizia libera che comunque deve essere attuata nel rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, delle normative di settore incidenti sull’attività edilizia e del D.Lgs. 42/2004.
Lett. b-bis) VEPA (Vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti)
La novella a regime chiarisce che oltre ai balconi, le VEPA possono essere realizzate o installate in logge rientranti all’interno dell’edificio o in porticati con esclusione di quelli gravati in tutto o in parte da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.
(Si rammenta che l’installazione delle VEPA assolve alla funzione di protezione dagli agenti atmosferici e miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche. Tali strutture:
- non devono configurare spazi stabilmente chiusi con variazioni di volumi e superfici;
- non possono generare nuova volumetria;
- non possono comportare il mutamento di destinazione d’uso da superficie accessoria a superficie utile;
- devono favorire la microareazione naturale a garanzia della salubrità dei vani interni domestici;
- devono avere caratteristiche tecnico-costruttive ed estetiche tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro e non devono modificare le preesistenti linee architettoniche).
Lett. b-ter) Opere a protezione dal sole e dagli agenti atmosferici
La struttura principale deve essere costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile anche impermeabile ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera.
Tali opere:
– non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici;
– devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente;
– devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.
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Con la lett. b-ter) aggiunta all’art. 6 del TUE il legislatore mette un punto fermo rispetto all’installazione delle tende, oggetto di pronunce ondivaghe della giurisprudenza circa la tipologia di opere (manutenzione ordinaria o straordinaria) ed il titolo edilizio necessario per realizzarle. I condomini dovranno comunque valutare il proprio regolamento condominiale circa eventuali divieti e/o prescrizioni estetiche a salvaguardia del decoro e dell’armonia architettonica delle facciate.
STATO LEGITTIMO
(art. 9-bis del TUE Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili
Le modifiche riguardano il comma 1-bis e l’inserimento del nuovo comma 1-ter.
Comma 1 bis – Lo stato legittimo di un immobile o di una u.i. può essere dimostrato:
alternativamente:
- dal titolo edilizio che ha previsto (o legittimato) la costruzione;
e/o
- dal titolo, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera u.i. a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati dai titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;
Inoltre concorrono a dimostrare lo stato legittimo:
- i titoli rilasciati o formati nei casi di accertamento di conformità (artt. 36 e 36-bis del TUE), e in seguito a pdc annullato (art. 38 del TUE), previo pagamento delle sanzioni pecuniarie o oblazioni;
ed ancora il pagamento delle sanzioni previste per:
- interventi di ristrutturazione edilizia in assenza o totale difformità dal pdc (art. 33 del TUE);
- interventi in parziale difformità dal pdc (art. 34 del TUE);
- per interventi in assenza o difformità dalla SCIA (art. 37, commi 1,3,5,6 del TUE);
- interventi eseguiti in base a pdc annullato (art. 38 del TUE);
e,
- la dichiarazione relativa alle tolleranze costruttive (art. 34-bis del TUE).
Immobili realizzati in epoca nella quale non era ancora obbligatorio il titolo edilizio: lo stato legittimo è quello desumibile da informazioni catastali di primo impianto o altri documenti probanti (fotografie, estratti cartografici, documenti d’archivio, o altro atto pubblico o privato di cui sia dimostrata la provenienza) e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento.
Immobili per i quali non siano disponibili la copia o gli estremi del titolo abilitativo ma sussista un principio di prova dell’esistenza del titolo abilitativo: lo stato legittimo si comprova con la stessa documentazione probatoria degli immobili realizzati in epoca in cui non c’era l’obbligo del titolo.
Dimostrazione stato legittimo delle singole u.i. e dell’edificio Comma 1-ter aggiunto con la conversione in legge)
- ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole u.i. non rilevano le difformità sulle parti comuni dell’edificio di cui all’art. 117 del c.c.;
- ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole u.i.
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Come si evince dalla relazione che accompagnato l’iter del decreto-legge la modifica della prima parte del comma 1-bis con particolare riferimento al titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio interessante l’intero edificio o l’intera u.i., intende valorizzare l’affidamento del privato nei casi in cui gli uffici tecnici comunali, in passato, in sede di rilascio del medesimo, abbiano accertato “parziali difformità” ma non le abbiano contestate e considerate rilevanti avendo emanato un provvedimento favorevole Contestazioni che ora non potranno più fare.
L’articolo 1117 del c.c. richiamato nel comma 1-ter aggiunto all’art. 9-bis, elenca le parti comuni dell’edificio nell’ambito del condominio, che sono:
– tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune
– le aree destinate a parcheggio nonché’ i locali per i servizi in comune
– le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune
PERMESSO DI COSTRUIRE
(art. 10 Interventi subordinati a permesso di costruire)
Al comma 2 dell’art. 10 del TUE per mero coordinamento con l’art. 23-ter comma 1-quinquies relativo ai titoli abilitativi necessari per il mutamento d’uso, è aggiunta la precisazione che “Fermo restando quanto previsto dall’art. 23-comma 1-quinquies …..” le Regioni stabiliscono quali mutamenti con o senza opere, sono soggetti a pdc o a SCIA.
MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D’USO
(art. 23-ter Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante)
All’art. 23-ter del TUE al comma 1 è premesso un periodo e dopo il comma 1 sono inseriti i nuovi commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies ed è modificato il comma 3.
Cos’è il per mutamento d’uso senza opere
Il periodo che precede il comma 1, chiarisce che si considera senza opere il mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di una singola u.i. se non comporta l’esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di edilizia libera di cui all’articolo 6 del TUE.
Mutamento di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale
Il comma 1-bis stabilisce la facoltà di mutamento della destinazione d’uso (con o senza opere) della singola u.i. all’interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;
Mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse
Il comma 1-ter riporta la novità sostanziale della riforma. E’ sempre consentito il mutamento di destinazione d’uso (con o senza opere) tra le categorie funzionali di cui all’art. 23, comma 1, lett. a) residenza, a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale, di una singola u.i. ubicata in immobili all’interno delle zone omogenee A) B) C) dell’art. 2 del d.m. 1444/1968 o in zone equipollenti come definite dalle leggi regionali.
Tali mutamenti devono rispettare le condizioni di cui al comma 1–quater, le normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.
Condizioni per il mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse
Il comma 1–quater si coordina col precedente comma 1-ter e precisa le condizioni per il mutamento di destinazione d’uso di singole u.i. tra categorie funzionali:
- il mutamento è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’u.i. conforme a quella prevalente nelle altre u.i. presenti nell’immobile;
- il mutamento d’uso nelle ipotesi di cui al comma 1-ter non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal DM 1444/1968 e dalle disposizioni di legge regionale;
- non è assoggettato al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla L: 1150/1942;
- resta fermo il pagamento del contributo per gli oneri di U2 se previsto dalla legislazione regionale;
- per le u.i. poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio di destinazione d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di cui ai commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies si applicano anche alle u.i. poste al primo piano fuori terra o seminterrate.
Titoli abilitativi per il mutamento di destinazione d’uso
Il comma 1–quinquies stabilisce che il mutamento di destinazione d’uso è soggetto:
- alla Scia se eseguito senza opere come da definizione del primo periodo che precede il comma 1;
- ai titoli richiesti per l’esecuzione delle opere necessarie. Per le opere che ricadrebbero in CILA ai sensi dell’art. 6-bis del TUE si procede ai sensi della lett. a) per cui si presenta la SCIA.
Regioni
Il comma 3 novellato dispone che:
- le Regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo, che trovano in ogni caso applicazione diretta, fatta salva la possibilità per le Regioni medesime di prevedere livelli ulteriori di semplificazione;
- salva diversa previsione delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso di un intero immobile è consentito subordinatamente al rilascio dei titoli di cui al comma 1-quinquies.
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Anche questa norma mira a contenere il consumo del suolo e favorire il recupero edilizio del patrimonio esistente ai fabbisogni del mercato immobiliare. Nella formulazione dei commi 1-bis e 1-ter introdotti dal DL 69/2024 la modifica del mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante afferente al cambio d’uso di una singola u.i. all’interno della stessa categoria funzionale o tra categorie funzionali diverse, conteneva la specifica “senza opere” che è stata eliminata con la conversione in legge. La norma a regime è riferita dunque sia ai cambi d’uso con opere e sia a quelli senza opere. Il mutamento d’uso di una singola u.i. è sempre ammesso, senza il reperimento degli standard di interesse generale e dei parcheggi privati. Così come non possono essere richiesti oneri di U1 poiché la norma menziona solo la quota di U2. La pianificazione comunale può fissare specifiche condizioni fermi i principi della novella che sono di diretta applicazione come specifica la norma. Sono di applicazione diretta anche per le Regioni alle quali, prima della riforma, era assegnato un termine di giorni 90 per l’adeguamento della propria legislazione in materia.
La liberalizzazione dei cambi d’uso che di fatto può generale un incremento del carico urbanistico anche di dimensioni non trascurabili, senza l’obbligo di adeguare le dotazioni e i parcheggi, anche monetizzando l’equivalente perché vi provveda l’Amministrazione, apre qualche interrogativo sulle ricadute che si potranno generare in certe zone già congestionate come i centri storici e le zone “B”.
AGIBILITÀ MINIALLOGGI
(art. 24 Agibilità)
L’art. 24 del TUE riguardante l’agibilità degli edifici è integrato dai nuovi commi 5-bis, 5-ter, 5-quater volti a consentire l’agibilità a determinate abitazioni che senza la novella normativa non potrebbero ottenerla.
Il comma 5-bis – prevede che nelle more della definizione dei requisiti igienico-sanitarie con Decreto del Ministero della salute previsto dall’art. 20, comma 1-bis del TUE, il progettista assevera la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nei seguenti casi:
- locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri;
- alloggio monostanza, per una persona, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 mq, fino al limite massimo di 20 mq e, per due persone, inferiore a 38 mq, fino al limite massimo di 28 mq.
Il comma 5-ter dispone che l’asseverazione di cui al comma 5-bis può essere resa laddove è soddisfatto il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto al D.M. n. 236/1989, e contemporaneamente è soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:
- i locali sono situati in edifici sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
- contestualmente sia presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.
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Il comma 5-quater fa salve le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente (corridoi, disimpegni, ripostigli; Comuni sopra i 1000 metri; edifici vincolati; edifici in centro storico o zone assimilate in base alla normativa regionale).
La bozza del D.M. per la definizione dei requisiti igienico-sanitari dell’edilizia (atteso ormai da otto anni, in quanto avrebbe dovuto essere emanato entro 90 giorni dal D.lgs. 222/2016 che aveva introdotto la previsione nel comma 1-bis dell’art. 20 del TUE), è stata trasmessa alla Conferenza Unificata Stato-Regioni il 26/3/2023 con una nota dal Ministero della Salute. Poi il silenzio.
ABUSI EDILIZI
(Art. 31 Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire,
in totale difformità o con variazioni essenziali)
L’art. 31 del TUE reca modifiche ai commi 3 e 5.
Proroga ordinanza di demolizione da 90 a 240 giorni
Al comma 3 è introdotta la possibilità di prorogare, con atto motivato, il termine di 90 giorni dell’ordinanza di demolizione per abusi in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o con variazioni essenziali, fino ad un massimo di giorni 240, nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine.
Alienazione immobili acquisiti al patrimonio del Comune
Al comma 5 la novella introduce la possibilità di alienare il bene e l’area acquisiti gratuitamente al patrimonio del Comune in conseguenza della mancata demolizione delle opere abusive nei termini assegnati, nei casi in cui il Consiglio Comunale dichiari che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Prescrizioni e procedura:
- ai fini della valutazione dei rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il Comune deve acquisire gli atti di assenso, concerti, nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis della L. n. 241/1990;
- vanno rispettate le disposizioni previste dall’art. 12, comma 2 della L. n. 127/1997, che consente di procedere alle alienazioni del patrimonio immobiliare secondo un regime semplificato;
- il contratto di vendita deve essere condizionato alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive;
- deve essere preclusa la partecipazione del responsabile dell’abuso alla procedura di alienazione;
- la determinazione del valore venale dell’immobile va affidata all’Agenzia delle entrate la quale procede alla stessa tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.
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Obiettivo della novella è di incentivare l’attività repressiva dei Comuni che spesso finisce in stallo, portando a termine il procedimento di acquisizione delle opere abusive e aree di sedime e successiva demolizione.
Aderendo alla vendita condizionata alla demolizione delle opere abusive, l’acquirente diventerà effettivamente proprietario dell’area di sedime, solo con la completa rimozione dell’abuso,
Poiché nel valore dell’alienazione sono considerati i costi della demolizione, il Comune dovrà poi procedere al recupero delle spese dal responsabile dell’abuso
VARIAZIONI ESSENZIALI NEGLI IMMOBILI VINCOLATI
(art. 32 Determinazioni delle variazioni essenziali)
E’ modificato il comma 3 dell’art. 32 del TUE che delimita quali interventi effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali siano da considerarsi variazione essenziale.
La modifica sopprime l’ultimo periodo del comma: “3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.”
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L’art. 32, comma 1, del TUE attribuisce alle Regioni il compito di determinare i parametri per le variazioni essenziali al progetto che ricorrono esclusivamente al verificarsi di una o più delle seguenti condizioni:
- a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standard previsti dal D.M. 1444/1968;
- b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato; c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
- d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
- e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
VARIANTI AL TITOLO RILASCIATO ANTE L. 10/1977
(art. 34-ter Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo)
L’art. 34-ter è stato introdotto nel TUE con la conversione in legge del decreto-legge “salva-casa” e disciplina casi particolari di regolarizzazione di varianti in corso d’opera eseguite prima dell’entrata in vigore della L. 28/1/1977 n. 10 (c.d. legge Bucalossi).
Regolarizzazione varianti in corso d’opera ante L. 10/1977
Il comma 1 dispone che gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo possono essere regolarizzati alle seguenti condizioni:
- il titolo deve essere stato rilasciato prima della data di entrata in vigore della L. n. 10/1977 (entrata in vigore il 30/1/1977);
- gli interventi in questione non devono essere riconducibili ai casi di tolleranze costruttive previste dall’art. 34- bis introdotto nel TUE.
I commi 2 e 3 dispongono la seguente procedura per la regolarizzazione:
- l’epoca di realizzazione della variante è provata mediante la documentazione per determinare lo stato legittimo dell’immobile o dell’u.i. (art. 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo; si veda sopra) oppure ove sia impossibile accertarla mediante documentazione, è attestata dal tecnico incaricato che assume la responsabilità in caso di dichiarazione falsa o mendace;
- il responsabile dell’abuso o il proprietario presenta allo sportello unico del Comune una SCIA;
- corrisponde a titolo di oblazione una somma determinata ai sensi dell’art. 36-bis, commi 5; nei casi di assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica si applica inoltre una sanzione determinata ai sensi del comma 5-bis, secondo, terzo e quarto periodo, del medesimo articolo. (che viene trattato a seguire)
- l’amministrazione competente adotta i provvedimenti inibitori della SCIA in caso di accertata carenza dei requisiti e presupposti per la SCIA e nel caso in cui accerti l’interesse pubblico concreto e attuale alla riposizione delle opere. Nei casi in cui sia possibile la conformazione dell’attività, invita l’interessato a provvedere prescrivendo le misure necessarie;
Parziali difformità realizzate in corso d’opera accertate ma non perseguite
Il comma 4 dispone che le parziali difformità realizzate durante l’esecuzione di lavori con titolo abilitativo, accertate con sopralluogo o ispezione da funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, sono soggette alla disciplina delle tolleranze di cui all’art. 34-bis, in deroga a quanto previsto dall’art. 34 in presenza delle seguenti condizioni:
- non siano state oggetto di ordine di demolizione o di riduzione in pristino;
- sia stata rilasciata la certificazione di agibilità o abitabilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell’art. 21-nonies L. 241/1990.
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Prima della Bucalossi, L. 10/1977 l’obbligo di presentare varianti in corso d’opera non era disciplinato; gli uffici comunali hanno operato con prassi diverse e si sono determinati tantissimi casi di difformità dalla licenza edilizia. Il c.d. decreto “Salva-casa” è il primo intervento legislativo che affronta la questione di questi abusi “storicizzati” ed individua i casi di parziale difformità dalla licenza edilizia e le condizioni per la regolarizzazione.
ACCERTAMENTO DOPPIA CONFORMITA
(ART. 36 Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità)
La novella riguarda il comma 1 dell’art. 36 del TUE.
L’accertamento di conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento e sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità) è limitato agli interventi realizzati:
– in assenza di pdc o in totale difformità nelle ipotesi di cui all’art. 31;
– in assenza di SCIA alternativa del pdc nelle ipotesi di cui all’art. 23, comma 01.o in totale difformità da essa.
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Con la conversione in legge del decreto, è stata esclusa dalla sanatoria con doppia conformità la fattispecie delle variazioni essenziali di cui all’art. 32 del TUE che è ora ricompresa nell’accertamento di conformità “semplificato” di cui all’art. 36-bis inserimento nel TUE dal D.L.69/2024. La doppia conformità è stata pertanto limitata all’assenza o totale difformità dal pdc o dalla SCIA alternativa al pdc
ACCERTAMENTO CONFORMITA “SEMPLIFICATA”
(ART. 36-bis “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”)
E’ introdotto nel TUE il nuovo art. 36-bis che disciplina l’accertamento di conformità in ipotesi di parziale difformità esteso, con una modifica in sede di conversione in legge, alle variazioni essenziali.
Il comma 1 dispone che fino al termine fissato dall’ordinanza di ripristino e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, è possibile ottenere il pdc o presentare la SCIA in sanatoria nelle ipotesi di parziale difformità e variazioni essenziali dal pdc o dalla SCIA (art. 34 del TUE) o in assenza o difformità dalla SCIA (art. 37 del TUE) se l’intervento risulti:
- conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione domanda;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
Sanatoria condizionata (comma 2)
Il rilascio del pdc in sanatoria può essere condizionato dallo sportello alla realizzazione degli interventi edilizi necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e rimozione di opere che non possono essere sanate.
Per la SCIA in sanatoria lo sportello unico edilizia individua le misure da prescrivere, ai sensi dell’art. 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo della L. 241/1990 che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.
Procedimento (commi 3, 4, 6):
La richiesta di pdc in sanatoria e la SCIA in sanatoria deve essere corredata dall’attestazione di conformità del professionista.
L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata ai sensi dell’art. 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo introdotti dal D.L. 69 e modificati in fase di conversione in legge. (si veda sopra al punto “Stato Legittimo”).
Per il pdc in sanatoria deve concludersi con provvedimento motivato entro 45 giorni dalla presentazione della domanda, decorsi inutilmente i quali si forma per silenzio-assenso;
per la SCIA in sanatoria il controllo deve essere esercitato entro 30 giorni dalla data di presentazione.
I predetti termini restano sospesi nel caso di interventi eseguiti su immobili soggetti a vincolo paesaggistico e si svolge il procedimento di compatibilità paesaggistica dell’intervento anche nel caso i lavori abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi o l’aumento di quelli legittimamente realizzati. In tal caso:
- l’autorità competente richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo (Soprintendenza o Ente parco), il parere vincolante che deve essere emanato entro il termine perentorio di 90 giorni;
- se il parere non è reso entro il termine di 90 giorni, si intende formato il silenzio-assenso; il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente;
- il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni;
- se la domanda è rigettata si applica la sanzione demolitoria di cui all’art. 167, comma 1 D.Lgs. 42/2004.
Decorsi i termini del procedimento eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Tali termini sono interrotti qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale e ricominciano a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori.
Le disposizioni trovano applicazione anche nel caso di interventi in parziale difformità o con variazioni essenziali non compatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.
Immobili in zone sismiche (comma 3-bis)
Per gli immobili ubicati nelle zone sismiche, di cui all’articolo 83 del TUE – ad eccezione di quelle a bassa sismicità indicate nei decreti di cui al medesimo articolo 83 – si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 34-bis, comma 3-bis (si veda Tolleranze)
Sanzioni (commi 5 e 5bis)
Il rilascio del pdc e la SCIA in sanatoria sono subordinati al pagamento di una oblazione:
- a) pari al contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16, incrementato del 20%, in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal pdc (art. 34), e in caso di variazioni essenziali (art. 32). Non si applica l’incremento del 20% nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
- b) pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dall’agenzia delle entrate, in una misura determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a euro 1.032 e non superiore a euro 10.328 ove l’intervento sia eseguito in assenza o in difformità dalla SCIA nei casi di cui all’articolo 37 e in misura non inferiore a euro 516 e non superiore a euro 5.164, nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione pecuniaria determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggior importo tra danno arrecato e profitto conseguito. In caso di rigetto si applica la sanzione demolitoria.
Per completezza si richiama che l’art. 3 “Norme finali e transitorie” del D.L. 69/2024 dispone al comma 4 No alla restituzione di somme versate – La presentazione della richiesta di pdc o della SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 36-bis del TUE non dà diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione o sanzioni già irrogate in base alla normativa vigente alla data del 30 giugno 2024 (entrata in vigore del D.L. 69/2024);
al comma 5 Interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 per i quali è stato rilasciato il titolo edilizio senza compatibilità paesaggistica – si applicano le disposizioni di cui ai predetti commi 4, 5, 5-bis e 6 dell’art. 36-bis.
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La sanatoria delineata dal nuovo art. 36-bis aggiunto al TUE è ora a regime e novella in modo rilevante la disciplina dell’accertamento di conformità. Introduce inoltre il pdc in sanatoria condizionato all’esecuzione di lavori che fino ad ora non ammesso dalla giurisprudenza.
In sede di conversine in legge è stato espunto, ai fini del rilascio del pdc in sanatoria, il riferimento ai requisiti di igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e impianti, superamento barriere architettoniche.
SCIA
(Art. 37 “Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA”)
Al comma 1 la sanzione pecuniaria per interventi edilizia in assenza o in difformità dalla SCIA la sanzione pecuniaria è elevata dal doppio al triplo dell’incremento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi e comunque in misura non inferiore a €. 1.032.
Il comma 4 è abrogato: disciplinava la presentazione della SCIA per la sanatoria di interventi nel caso di doppia conformità. Coerentemente al comma 6 le parole “articolo 36” sono sostituite con “articolo 36-bis”.
Si tratta di modifiche di mero coordinamento dell’art. 37 con la nuova disciplina dell’accertamento di conformità art. 36-bis che ora si applica alle ipotesi regolate dall’art. 37.
DESTINAZIONE ENTRATE DERIVANTI DA SANZIONI EDILIZIE
L’art. 1 al comma 2 del D.L. 69/2024, a regime, dispone che le entrate derivanti dalle sanzioni art. 31, commi 4 e 5, art. 34-ter, e art. 36-bis commi 5 e 5-bis (in sostanza le entrate derivanti dalle modifiche al TUE) nella misura di un terzo delle risorse complessive è destinata ai seguenti interventi di natura ambientale:
- demolizione delle opere abusive presenti nel territorio comunale, fatta salva la ripetizione dal responsabile dell’abuso
- completamento o demolizione delle opere pubbliche comunali inserite nell’elenco-anagrafe nazionale delle opere incompiute;
- interventi di rigenerazione urbana anche finalizzati all’incremento dell’offerta abitativa;
- riqualificazione di aree urbane degradate;
- recupero e valorizzazione immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione;
- iniziative economiche, sociali, culturali.
Ultimo aggiornamento
8 Agosto 2024, 12:21