La fiscalizzazione dell’abuso edilizio non si applica nelle zone tutelate
Cassazione: la procedura di "fiscalizzazione" di cui all'art. 34 comma 2 TUE non è mai applicabile alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto queste non possono essere mai ritenute "in parziale difformità"
Data:
18 Febbraio 2021
Assume particolare rilevanza la recente sentenza 3579/2021 del 28 gennaio della Corte di Cassazione (Penale, Sez. 3) che si occupa di illeciti edilizi, fiscalizzazione dell’abuso e sanatoria urbanistica.
Nello specifico, si cerca di chiarire se gli abusi edilizi vanno sempre demoliti o, in alternativa, è possibile pagare una multa. Come sappiamo, dipende dal tipo di opera, dal ‘livello’ di abuso e dal luogo in cui l’opera abusiva sorge.
Il caso
All’imputata erano state contestate le contravvenzioni:
- di cui all’art. 20, lett. b) della legge 47/1985 stante la realizzazione, senza la prescritta concessione, di un manufatto su due livelli di m. 10×16 in blocchetti di tufo;
- di cui agli artt. 2 e 13 nonché 4 e 14 della legge 1086/1971, per avere eseguito opere in cemento armato senza presentazione di progetto da parte di tecnico abilitato e senza preventiva denuncia al competente Ufficio del Genio civile;
- di cui agli artt. 17, 18 e 20 della legge 64/1974;
- di cui all’art. 163 T.U. 490/1999, attesa la realizzazione dell’opera in zona sottoposta a vincolo paesistico previsto dalla legge 1497/1939;
- del delitto di cui all’art. 349, ultimo comma, cod. pen.
Nel ricorso, si sostiene che, quanto alla violazione dell’art. 34 dpr 380/2001, il manufatto non poteva essere demolito in quanto rappresentava corpo unico con la parte legittima, trattandosi di sopraelevazione di manufatto in regola. Al riguardo, si segnalava la pendenza di duplice istanza amministrativa, di cd. fiscalizzazione dell’illecito e di condono edilizio (quest’ultima proposta ancora nel 2004), senza che l’Amministrazione comunale avesse provveduto a rispondere.
La decisione finale
Per la Cassazione, il ricorso è inammissibile in quanto:
- la sanzione dell’ordine di demolizione, prevista dall’art. 31 del TUE, sfugge alla regola del giudicato penale ed è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è consentita solo in presenza di determinazioni della PA o del giudice amministrativo incompatibili con l’abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti saranno adottati in breve tempo, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente (Sez. 3, n. 25212 del 18/01/2012, Maffia, Rv. 253050).
- l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in nsanabile contrasto con detto ordine di demolizione;
- l’istanza di condono pende ormai da sedici anni e l’amministrazione ha inviato un preavviso di diniego, mentre parimenti non è stata fornita risposta alcuna alla richiesta di cd. fiscalizzazione, in ordine alla quale l’Area urbanistica del Comune ha già evidenziato la propria contrarietà, osservando – da un lato – che gli ordini di demolizione a suo tempo emessi dalla PA comunale non erano stati fatti oggetto di impugnativa giurisdizionale, ei dall’altro che le opere realizzate abusivamente non rappresentavano un unicum strutturale con la porzione legittima, bensì erano state eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità e con variazioni essenziali (altresì osservando, peraltro, che la demolizione della struttura edilizia abusiva poteva avvenire senza intaccare la stabilità strutturale della restante parte del fabbricato).
Fiscalizzazione dell’abuso solo per le parziali difformità
La Corte Suprema ricorda che l’art. 34 comma 2 del TUE è inserito in un articolo rubricato «Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire», ed in un contesto di disciplina in cui è reiteratamente indicato come presupposto di tale procedura, denominata di “fiscalizzazione” dell’illecito edilizio, l’essere state le opere realizzate «in parziale difformità» (cfr. commi 1, 2-bis e 2-ter). Di conseguenza, costituisce principio consolidato quello secondo cui la disciplina prevista dall’art. 34 comma 2 cit. trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, e non equivale ad una “sanatoria” dell’abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell’illecito e non autorizza il completamento delle opere realizzate.
Gli abusi edilizi in zone tutelate non sono mai sanabili
Con riferimento ad opere realizzate – come in specie – in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, l’art. 32 comma 3 del TUE dispone che le stesse sono da ritenere sempre o «in totale difformità» o «variazioni essenziali». Quindi, in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32 comma 3 cit. prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali.
In conclusione, la procedura di “fiscalizzazione” di cui all’art. 34 comma 2 cit. non è mai applicabile alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, siccome queste non possono essere mai ritenute «in parziale difformità».
Ultimo aggiornamento
18 Febbraio 2021, 20:29