Grandi gazebo collegati: non basta la SCIA, serve il permesso di costruire
Consiglio di Stato: due grandi gazebo uniti tra loro, alti 4 metri ed estesi per 200 metri quadri costituiscono nuovo volume nel caso in cui non sia fornito alcun concreto elemento in grado di consentire la qualificazione in termini di pertinenza
Data:
17 Maggio 2023
Due gazebo collegati, alti 4 metri ed estesi 200 mq. con copertura in pvc e prefabbricato completo in ogni opera di 35 mq. costituiscono nuovo volume nel caso in cui non sia fornito alcun concreto elemento in grado di consentire la qualificazione in termini di pertinenza e, pertando, sono abusivi se realizzati in assenza del permesso di costruire.
Lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza 4667/2023 dello scorso 9 maggio, relativa al ricorso di un’azienda nei confronti dell’ordinanza di demolizione e ripristino di alcune opere abusive, consistenti in due gazebo uniti tra loro, alti 4 metri ed estesi 200 mq, con copertura in pvc e chiusura perimetrale con pannelli coibentati, utilizzati anche per la suddivisione interna (di ambienti adibiti a bagno, spogliatoio, magazzino e officina, completi di impianto idrico ed elettrico), con tettoia sul prospetto frontale con struttura portante in ferro coperta da lamiere coibentate, per una superficie di 80 mq, oltre ad un prefabbricato completo in ogni opera e adibito a ufficio, di circa 35 mq.
La (presunta) precarietà delle opere
Secondo l’appellante, il TAR non avrebbe correttamente qualificato gli interventi realizzati dal punto di vista urbanistico, atteso che nella specie sarebbe sfuggita al Collegio giudicante la natura pertinenziale delle opere abusive.
Nella specie, le opere contestate sarebbero destinate ad un uso precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, come quelli rappresentati dalla necessità di ottenere un piccolo ricovero di appoggio (interamente amovibile e smontabile), sicchè sarebbe richiesta la mera dichiarazione di inizio attività (SCIA) e non un provvedimento di natura concessoria quale il permesso di costruire.
In zona tutelata serve comunque l’autorizzazione paesaggistica
Il Consiglio di Stato inizia sottolineando che gli interventi edilizi hanno determinato, per dimensioni e struttura, una alterazione dell’aspetto esteriore dei luoghi in una zona paesaggisticamente vincolata e sono stati realizzati senza che si sia provveduto alla necessaria autorizzazione paesaggistica.
Ma come ha più volte ‘spiegato’ la giurisprudenza amministrativa, le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se trattasi di volumi tecnici ed anche se si tratta di eventuali pertinenze, hanno una indubbia rilevanza paesaggistica, poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico, da sottoporre alla previa valutazione degli organi competenti, possono anche esigere l’immodificabilità dello stato dei luoghi, ovvero precluderne una ulteriore modifica.
In definitiva, le opere abusive, anche qualora abbiano natura pertinenziale o precaria, come si assume nella specie, e, quindi, siano assentibili con mera D.I.A./S.C.I.A., se realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, devono considerarsi comunque eseguite in totale difformità dalla concessione, o dalla D.I.A., laddove non sia stata ottenuta alcuna preventiva autorizzazione paesaggistica e, conseguentemente, è doveroso da parte dell’Amministrazione applicare la sanzione demolitoria (Cons. Stato, 17 ottobre 2022, n. 8785).
I gazebo collegati richiedevano il permesso di costruire
Ciò premesso, si passa all’analisi del manufatto oggetto di contestazione (trattasi di due gazebo uniti tra loro, alti 4 metri ed estesi 200 mq. con copertura in pvc e prefabbricato completo in ogni opera di mq. 35), che secondo Palazzo Spada costituisce nuovo volume nel caso in cui non sia fornito alcun concreto elemento in grado di consentire la evocata qualificazione in termini di pertinenza.
La pertinenza urbanistico – edilizia è configurabile allorquando sussista “un oggettivo nesso tra bene accessorio e principale che non consenta altro che la destinazione del primo a un uso servente durevole e quest’ultimo abbia, inoltre, dimensioni ridotte e modeste rispetto a quelle dell’edificio a cui inerisce“.
A differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi, il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma è altresì sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta ulteriore ‘carico urbanistico’, proprio in quanto esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale col fabbricato principale.
Caratteristiche che, nella fattispecie, stante la dimensione delle opere abusive e il concreto utilizzo, non sono ravvisabile e comunque non adeguatamente supportate sotto il profilo probatorio.
Qualsiasi intervento senza titolo va demolito in zona paesaggistica senza autorizzazione
Infine, il Consiglio di Stato ricorda che l’art. 27 del dpr 380/2001, in presenza di un manufatto realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, rende doverosa la demolizione d’ufficio di tutti gli interventi edilizi realizzati sine titulo e non soltanto gli interventi realizzati senza permesso di costruire.
Ultimo aggiornamento
17 Maggio 2023, 19:55