Sportello Unico per l'Edilizia

False pergotende: se l’opera è stabilmente infissa e crea nuovo volume è una nuova costruzione

Consiglio di Stato: per configurarsi come pergotenda, l’opera principale deve essere costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio

Data:
5 Dicembre 2022

Quando sussiste aumento di superficie e se l’elemento ‘tenda’ non è preponderante, non si tratta di pergotenda ma ad un’opera stabile e infissa che necessita del previo rilascio del permesso di costruire, senza il quale è abusiva.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza 9470/2022 dello scorso 2 novembre, confermando l’orientamento del TAR competente, il quale aveva giudicato legittima l’ordinanza di demolizione presentata dal comune a un privato e inerente l’opera edilizia abusiva realizzata in assenza di titolo abilitativo, mediante rimozione degli infissi con telai in alluminio e pannelli in p.v.c. installati in corrispondenza dei vuoti della struttura di copertura relativa al pergolato posto nell’area pertinenziale esterna all’unità residenziale di proprietà, il tutto finalizzato al ripristino della situazione assentita con l’originario permesso.

L’opera edilizia

L’ufficio comunale adottava un’ordinanza, in applicazione dell’art. 31 del dpr 380/2001, con cui contestava la “installazione di infissi con telai in alluminio e pannelli in p.v.c. installati in corrispondenza dei vuoti della struttura di copertura relativa al pergolato posto nell’area pertinenziale esterna all’unità residenziale di proprietà, in modo da costituire un vero e proprio aumento di superficie coperta a piano terra, il tutto per una superficie di circa 36 mq”, in quanto l’opera era stata realizzata in assenza di titolo abilitativo e in difformità dal permesso di costruire originario, con ingiunzione di demolizione delle opere sopracitate al fine di ripristinare la situazione assentita con l’originario permesso di costruire.

La presunta pergotenda

L’appellante – osserva Palazzo Spada – ha riassunto efficacemente l’oggetto del contenzioso con riferimento al primo dei due provvedimenti impugnati in primo grado come segue: “l’amministrazione comunale ha regolarmente assentito una costruzione aperta su un solo lato, coperta con solaio in conglomerato cementizio e, al centro di tale solaio, è stata autorizzata un’apertura con travi in cementoAl centro del solaio, tra le autorizzate travi, al disotto delle stesse, è stata installata una “pergotenda” (pannelli in pvc) per la protezione dagli agenti atmosferici (opera contestata). Non vi è alcuna difformità rispetto a quanto regolarmente assentito dall’Amministrazione Comunale, ad eccezione della pergotenda (pannelli in pvc)”.

Quindi l’ordinanza di demolizione del comune sarebbe illegittima perchè:

  • a) in detto provvedimento non è stata puntualmente indicata la natura e la consistenza delle opere difformi;
  • b) erroneamente nel ridetto provvedimento si fa riferimento ad un inesistente “pergolato”, atteso che i titoli edilizi assentiti hanno autorizzato la realizzazione di una costruzione aperta su un solo lato, coperta con solaio in conglomerato cementizio, autorizzando inoltre, al centro di tale solaio, la realizzazione di un’apertura con travi in conglomerato cementizio, ove al centro è stata semplicemente posta una “pergotenda” per la protezione dagli agenti atmosferici;
  • c) la “pergotenda” costituisce, dunque, soltanto uno strumento per una migliore chiusura delle travi in cemento con pannelli in plastica, al fine di ripararsi dagli agenti atmosferici;
  • d) tale opera non può, per le caratteristiche che la contraddistinguono, determinare altro se non una “minimale” difformità rispetto agli interventi assentiti, che non può essere certamente definita “essenziale” e, come tale, non è soggetta alla sanzione della demolizione;
  • e) essa infatti può, al più, costituire un intervento realizzato in assenza di DIA (oggi SCIA) e quindi soggetto alla sanzione pecuniaria e non a quella della demolizione.

Costruzione infissa al suolo che crea nuovo volume: è abusiva senza permesso

Per il Consiglio di Stato invece l’ordinanza di demolizione è legittima, e per ‘capirlo’ basta leggere il testo del provvedimento per avvedersi che esso reca, nitido, il contenuto analitico delle opere la cui realizzazione viola il disposto dell’art. 31 dpr 380/2001 (la “installazione di infissi con telai in alluminio e pannelli in p.v.c. installati in corrispondenza dei vuoti della struttura di copertura relativa al pergolato posto nell’area pertinenziale esterna all’unità residenziale di proprietà, in modo da costituire un vero e proprio aumento di superficie coperta a piano terra, il tutto per una superficie di circa 36 mq”).

La circostanza, poi, che l’amministrazione usi il termine “pergolato” per rappresentare la copertura in questione (anche nella parte già assentita dai precedenti titoli edilizi, ai quali più sopra si è fatto riferimento) non assume rilievo giuridicamente dirimente rispetto alla contestazione con la quale si denuncia la realizzazione di un nuovo volume, senza titolo edilizio, essendo comprovato in atti che nessuno dei titoli abilitanti prevedeva la copertura in p.v.c. che è stata realizzata, per come si dirà in seguito.

Quanto alla realizzazione della “pergotenda”, il Collegio non può che ribadire quanto è stato già chiarito in numerosi precedenti della Sezione rispetto ai quali il caso qui in esame non fa eccezione ad avviso del Collegio.

Pergotenda: le caratteristiche

Ai fini della configurazione di un’opera edilizia come pergotenda, rientrante nel regime di edilizia libera, conta che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda (cfr., tra le recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2021, n. 1207).

Ma in questo caso si tratta di un’opera stabilmente infissa, direttamente, all’assentito solaio in conglomerato cementizio e, in particolare, posta al centro di tale solaio ove è stata autorizzata un’apertura con travi in cemento: in tale spazio si presentano, infissi, i telai in alluminio e i pannelli in p.v.c. in corrispondenza dei vuoti della struttura di copertura (il “solaio”).

Per Palazzo Spada non convincono nemmeno le argomentazioni circa la natura prettamente pertinenziale dell’opera, perché tale natura appartiene a un manufatto ad opere di “minimo” impatto sotto il profilo urbanistico, mentre nel caso in esame si tratta della realizzazione di un intervento che crea una chiusura idonea a determinare una nuova volumetria significativamente ampia (36 mq).

Il concetto di pertinenza rilevante ai fini della disciplina urbanistica, comporta che l’opera può essere sussunta nell’ambito dell’edilizia libera se è caratterizzata da dimensione e configurazione modeste rispetto alla cosa principale cui esso inerisce.

D’altronde, la qualifica di pertinenza urbanistica non è riconducibile a quella civilistica, per cui, ai fini della pertinenza urbanistica, non si deve considerare solo il rapporto funzionale di accessorietà con la cosa principale, ma si devono considerare le caratteristiche dell’opera in sé sotto il profilo dell’autonomo impatto urbanistico sul territorio.

In particolare, manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera che ne alteri la sagoma (cfr., ancora in argomento, Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 24 e 2 febbraio 2017, n. 694; Sez. IV, 4 gennaio 2016, n. 19; Sez. VI, 11 marzo 2014, n. 3952). La pertinenza è per sua natura caratterizzata dalle dimensioni rispetto e modeste del manufatto rispetto alla cosa cui esso inerisce, per cui non può essere considerata tale, e quindi soggiace al permesso di costruire, la realizzazione di un’opera di rilevanti dimensioni che modifica l’assetto del territorio e che occupa aree e volumi diversi rispetto alla res principalis, indipendentemente dal vincolo di servizio o d’ornamento nei riguardi di essa (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. II, 18 novembre 2019, n. 7864 e Sez. IV, 26 marzo 2013, n. 1709).

Demolizione legittima

In definitiva, è corretta la valutazione dell’amministrazione comunale, prima e del giudice di prime cure, poi, circa la assoggettabilità dell’opera realizzata (la chiusura del solaio con una “installazione di infissi con telai in alluminio e pannelli in p.v.c. installati in corrispondenza dei vuoti della struttura di copertura”) al regime sanzionatorio ex art. 31 dpr 380/2001, azionato con il provvedimento impugnato, trattandosi di una nuova opera realizzata senza titolo edilizio, di talché la sanzione da infliggersi, non essendo l’opera sussumibile nell’alveo della categoria degli interventi edilizi realizzabili con SCIA (creando un nuovo volume di 36 mq), non può limitarsi alla sanzione pecuniaria dovendo raggiungere la più grave sanzione demolitoria.

Ultimo aggiornamento

5 Dicembre 2022, 21:18