Doppia conformità ex art.36 Testo Unico Edilizia: la sanatoria condizionata è inammissibile
Consiglio di Stato: la conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la parte richiedente ottempera a tali prescrizioni, non è compresa all'interno dell'art.36 del Testo Unico Edilizia
Data:
26 Ottobre 2022
Gli abusi edilizi e la richiesta di sanatoria
In materia edilizia/urbanistica, è piuttosto interessante il contenuto della sentenza 8752/2022 del 13 ottobre scorso del Consiglio di Stato, relativa ad un’ordinanza di demolizione per alcuni interventi realizzati in assenza di nulla osta paesaggistico e di permesso di costruire e consistenti nella realizzazione:
- i) di un manufatto in muratura in ampliamento dell’abitazione delle dimensioni di circa 2,30×3,00 metri ed altezza di circa mt 2,65, composto da locale bagno, disimpegno e locale deposito;
- ii) di un manufatto posto sul terrazzo antistante l’abitazione principale, con struttura in legno, delle dimensioni di circa mq. 16 ed altezza di circa mt. 2,40, composto da una camera ad uso residenziale ed altro manufatto in muratura destinato a locale bagno delle dimensioni di circa mq 2,5 ed altezza di circa metri 2,50 annesso alla camera.
I proprietari, dopo la notifica dell’ordinanza di demolizione, depositano due istanze ex art. 36 dpr 380/2001 per l’accertamento della compatibilità paesaggistica ed urbanistica dei due manufatti.
Con tali istanze richiedono, inoltre, la conservazione solo parziale degli stessi e, in particolare, si impegnano ad eseguire:
- i) in relazione al manufatto di cui alla lettera i) del precedente punto, la demolizione della tamponatura di facciata destinando lo spazio trasformato in parte ad uso locale caldaia in parte a portico aperto;
- ii) in relazione al manufatto di cui alla lettera ii) del precedente punto, la demolizione dei pannelli della tamponatura di facciata della struttura lignea e la demolizione di due pareti della copertura del servizio igienico lasciando in asse quale pergolato il setto murario a sostegno del peso della vegetazione esistente onde non compromettere una macchia di verde molto caratteristica.
Tralasciando tutti i passaggi della controversia (per i quali vi rimandiamo alla lettura della sentenza), vi basti sapere che, secondo il TAR competente, il diniego di sanatoria del comune è motivato sia dalla contrarietà degli interventi sia rispetto alla normativa paesaggistica del P.T.P. del Comune che rispetto alle regole urbanistiche.
La sanatoria ex post (condizionata) è illegittima
In particolare, gli interventi previsti incidono negativamente sullo stato del contesto paesaggistico delle aree interessate in quanto gli stessi comportano limitazioni alle visuali libere, come si evince dalla medesima istanza, e inoltre sono irrilevanti le deduzioni relative alle modifiche proposte in quanto ciò postulerebbe non già la c.d. doppia conformità delle opere abusive ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la parte richiedente ottempera a tali prescrizioni.
Non si può ottenere la sanatoria realizzando le opere
Ed è proprio questo l’aspetto ‘centrale’ della vicenda, che il Consiglio di Stato ribadisce a gran voce.
Il riferimento è – si legge nella pronuncia – al segmento di sentenza con il quale il Giudice di primo grado evidenzia come “siano inconferenti […] le ulteriori deduzioni circa le modifiche proposte al fine di ricondurre il manufatto a mero pergolato a sostegno della macchia di verde esistente dal momento che, pacificamente, il permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni è in palese contrasto con l’art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001 poiché postulerebbe non già la cd. doppia conformità delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni”.
In sostanza, il Giudice di primo grado ravvisa, correttamente, una ragione preclusiva all’ottenimento del titolo ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 consistente nell’impossibilità di ottenere la sanatoria mediante la realizzazione di opere.
Osserva, infatti, questo Giudice come “la sanatoria di cui all’art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, si fonda sul rilascio di un provvedimento abilitativo sanante da parte della competente Amministrazione, sempre possibile previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti nel momento della realizzazione e in quello della richiesta, previo accertamento di compatibilità paesaggistica nelle ipotesi in cui l’area sia assoggettata a vincolo paesaggistico e che è tassativamente limitato alle sole fattispecie contemplate dall’art. 167 comma 4, [del D.Lgs.] 22 gennaio 2004, n. 42 […]” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 marzo 2019, n. 1874).
La sentenza appena citata evidenzia come sia “la stessa qualificazione in termini di sanatoria del provvedimento scolpito dall’art. 36 che import[i] l’esclusione dal suo ambito di quelle opere progettate al fine di ricondurre l’opus nel perimento di ciò che risulti conforme alla disciplina urbanistica e quindi assentibile” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 marzo 2019, n. 1874).
La sanatoria condizionata rende impossibile provare la doppia conformità
Il Consiglio rileva, difatti, che “il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida statuizione normativa poiché si farebbe a meno della doppia conformità dell’opera richiesta dalla norma se si ammettesse l’esecuzione di modifiche postume rispetto alla presentazione della domanda di sanatoria” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410).
Inoltre, “la valutazione di compatibilità paesaggistica non può riferirsi al manufatto ottenuto grazie alle modifiche proposte, in quanto, ai sensi dell’art. 167, co. 4, d.lgs. n. 42 /2004, è consentita la sanatoria delle opere così come esistenti al momento dell’istanza e non delle opere progettate in maniera da alterarne la consistenza originari” (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 marzo 2019, n. 1874)
Ultimo aggiornamento
26 Ottobre 2022, 20:08