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Dehors e distanze legali: deve rispettarle?

CdS: il dehors costituisce attrezzatura a servizio dell’attività commerciale, per cui non deve rispettare le distanze legali

Data:
3 Febbraio 2023

Dehors: arredo o costruzione?

Alcuni residenti di un fabbricato condominiale impugnavano presso il Tar Lazio il permesso di costruire rilasciato dal Comune per l’allestimento di un dehors al servizio di un bar sito al piano strada del fabbricato, proprio in corrispondenza dei loro soprastanti appartamenti di proprietà.

Si trattava di una struttura a forma di parallelepipedo:

di dimensioni approssimative di circa 7,70 x 2,50 metri e della superficie complessiva di 19,40 m²;

realizzata in profilati di metallo, dotata di una copertura di tela impermeabile e di pareti laterali costituite da teli di plastica trasparente;

posizionata a una distanza variabile da 1,77 a 2.00 m dall’edificio che ospita il bar e gli appartamenti dei ricorrenti.

I ricorrenti lamentavano, quindi, la violazione delle distanze legali (dm n. 1444/1968).

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La decisione del Tar sul dehors

Il Tar respingeva il ricorso, ritenendo che il permesso di costruire fosse stato motivato in modo congruo con riferimento al disciplinare del vigente Piano di arredo urbano, non impugnato dagli interessati. In breve, la struttura così assentita sarebbe stata non una costruzione vera e propria, che come tale sarebbe stata soggetta al regime delle distanze legali, ma piuttosto un’attrezzatura speciale, che invece non era soggetta alla verifica dei distacchi dal confine e dalle altre costruzioni.

La questione trovava il suo epilogo in ricorso in appello presso Palazzo Spada.

La sentenza del CdS: il dehors non può essere considerato come costruzione vera e propria in senso giuridico

In primo luogo, i giudici chiariscono che la struttura in discussione:

non va qualificata come costruzione vera e propria in senso giuridico, ma costituisce, come affermato correttamente dal giudice di I grado, un’attrezzatura speciale a servizio di attività commerciale, nel caso concreto del bar dei controinteressati.

La categoria in questione è legittimata dal combinato disposto dei punti (e.5) ed (e.6) del comma 1 dell’art. 3 (Definizione degli interventi edilizi) del TUE (dpr 380/2001):

il punto (e.5) include tra le nuove costruzioni gli “ambienti di lavoro”, specificando che gli stessi possono essere costituiti anche da prefabbricati o strutture di qualsiasi genere;

il punto (e.6) stabilisce che ricade nella potestà regolatoria dei comuni l’individuazione delle pertinenze ai fini urbanistici, sottratte alla disciplina delle nuove costruzioni, con il limite per cui esse non devono superare il 20% del volume dell’edificio principale.

È quindi possibile realizzare una struttura di questo tipo, rispettando non le distanze di cui al dm 1444/1968, ma quelle stabilite in concreto per la categoria dal Comune interessato.

Nel caso in esame, non risulta che le distanze previste dal Piano dell’arredo urbano, come tale non impugnato, siano state violate, e quindi il permesso è stato legittimamente rilasciato.

In secondo luogo, la non necessità di rispettare le distanze di cui al dm 1444/1968 risulta in base ad un’altra ragione, trattandosi, come non è controverso, di costruzione realizzata sul suolo pubblico, che a tale normativa non è soggetta per giurisprudenza costante.

Per concludere, i giudici evidenziano che la possibilità di realizzare un dehors su suolo pubblico è poi espressamente prevista dal disciplinare al Piano, che nell’ipotesi subordina semplicemente la realizzazione del manufatto al rilascio dell’autorizzazione ad occupare il suolo pubblico stesso, autorizzazione di cui nemmeno è stata dedotta la mancanza.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

Ultimo aggiornamento

3 Febbraio 2023, 13:37