Da ufficio e soppalco in residenza con aumento di volume: niente sanatoria in zona vincolata
Consiglio di Stato: non possono essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa
Data:
10 Settembre 2022
Non si può sanare un intervento edilizio consistente nella trasformazione di un ufficio e soppalco in residenza, con ampliamento della superficie del soppalco, se avviene in zona vincolata.
Lo chiarisce il Consiglio di Stato nella sentenza 6149/2022 dello scorso 18 luglio, relativa al ricorso contro il diniego di condono edilizio emesso da un comune per gli interventi sopracitati.
Trasformazioni edilizie con aumento di volumetria: l’inquadramento delle opere
Palazzo Spada, per arrivare alla decisione finale, inizia premettendo che gli interventi oggetto di sanatoria consistono nella trasformazione di un deposito di attrezzi in abitazione, e di un ufficio e soppalco in residenza con ampliamento della superficie del soppalco, con oggettivo aumento volumetrico, ancorchè reputato dalla ricorrente come ‘contenuto’, che l’Amministrazione comunale ha circoscritto alla tipologia di illecito 1.
Secondo il TAR, “è dirimente rilevare che si tratta di interventi di trasformazione (nel primo caso, di un deposito in abitazione al piano terra, con oggettivo aumento volumetrico, ancorchè reputato dalla ricorrente come contenuto; nell’altro caso, invece, di un deposito attrezzi in abitazione), che l’Amministrazione comunale ha ascritto alla tipologia di illecito 1: fattispecie esclusa dal novero delle opere condonabili. Tale qualificazione, in realtà, potrebbe essere, invero, rettificata, nel senso che le opere controverse (pur sempre riconducibili alla trasformazione di un edificio esistente) potrebbero rientrare in un intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c) del d.P.R. 380/2001. Il che, comunque, non determinerebbe un esito diverso ai fini del richiesto accoglimento della domanda di condono”.
No al condono
Il Collegio condivide l’approdo argomentativo illustrato dal TAR, nella parte in cui evidenzia che la ristrutturazione edilizia integra una fattispecie riconducibile alla tipologia di illecito 3 di cui all’Allegato 1 del d.l. n. 269/2003, sicchè alla stessa non può trovare applicazione sia la previsione generale di cui all’art. 1, comma 2, della legge 31/2004, secondo cui sono ammesse alla sanatoria di cui al comma 1 anche le tipologie di illecito ai numeri 4, 5,6, dell’allegato 1 del d.l. 269 del 2003, sia quella più specifica, applicabile alla fattispecie, di cui all’art. 1, comma 3, secondo cui ‘nelle aree demaniali, nelle aree a parco regionale, fatte salve le zone di rinvio alla pianificazione comunale, sono suscettibili di sanatoria le sole opere abusive riconducibili alla tipologia di illecito numero 6 di cui all’allegato 1 del d.l. n. 269/2003, convertito dalla l. n. 326/2003”.
Nella fattispecie, le opere realizzate non sono condonabili in quanto sono state realizzate in difformità dal titolo abilitativo edilizio formatosi a seguito dell’approvazione nel 1996 di un piano di recupero, e ricadono all’interno della perimetrazione del Parco Agricolo Sud di Milano, la cui istituzione è anteriore alla realizzazione delle opere.
Secondo l’indirizzo ampiamente condiviso della giurisprudenza in materia, “in base alla legge n. 326/2003 il condono edilizio di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato; ciò anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Non possono, dunque, essere sanate quelle opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa (Cons. Stato, sez. VI, 1664/2016; id., 1898/2016; id., n. 3487/2016; sez. IV, n. 813/2017; id., n. 1935/2017; id., n. 4007/ 2017)” (Consiglio di Stato sez. VI, 07/02/2022, n.824).
L’aumento di volumetria
Sul punto Palazzo Spada rammenta che: “In materia di edilizia, il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, atteso che nel loro ambito possono aversi mutamenti di fatto ma non diversi regimi urbanistico costruttivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria; pertanto, il cambio di destinazione d’uso strutturale non consentito dalla disciplina urbanistica è quello il quale comporta una variazione in aumento dei carichi urbanistici che impone una adeguata dotazione di standard urbanistici.(Consiglio di Stato, sez. IV , 08/01/2016 , n. 35).
Emerge dai fatti di causa, ma è stato adeguatamente evidenziato dal TAR, che gli interventi di trasformazione del deposito attrezzi in abitazione e di ufficio e soppalco in residenza con ampliamento della superficie del soppalco hanno determinato un oggettivo aumento volumetrico, riconosciuto dall’appellante, anche se dalla stessa reputato come ‘contenuto’.
Ne consegue che, nella fattispecie, l’intervento è avvenuto comportando una variazione in aumento dei carichi urbanistici, realizzata in difformità dal ‘titolo abilitativo edilizio’, ossia quello che si è formato a seguito dell’approvazione nel 1996 di un piano di recupero, in area ricadente all’intervento di perimetrazione del Parco Agricolo Sud di Milano.
Ultimo aggiornamento
10 Settembre 2022, 00:03