Certificato di agibilità: è illegittimo senza regolarità urbanistica
Consiglio di Stato: non è possibile legittimamente rilasciare un certificato di agibilità se non sussiste la conformità ai parametri normativi di carattere urbanistico e/o edilizio
Data:
21 Marzo 2023
Se un intervento edilizio per il quale è necessario una precisa autorizzazione (ad esempio il permesso di costruire) viene realizzato senza tale permesso, è abusivo e va demolito, a prescindere dal fatto che per il locale dove siano stati realizzati gli interventi sia stato rilasciato un certificato di agibilità, a sua volta illegittimo considerando la non conformità urbanistica.
Lo ha precisato il Consiglio di Stato nella sentenza 2461/2023 dello scorso 8 marzo, relativo ad un ricorso contro un’ordinanza di demolizione impartita da un comune per alcuni abusi edilizi, tra i quali una tettoia con struttura in legno e copertura in lamiere coibentate.
Agibilità dei locali e demolizione per gli abusi edilizi
Secondo il TAR competente, che aveva confermato la correttezza dell’ordinanza di demolizione comunale, non sussiste la dedotta contraddittorietà dell’ordinanza di ingiunzione con l’agibilità dei locali, in quanto i due provvedimenti sono tesi a soddisfare esigenze differenti:
- il procedimento volto ad attestare l’agibilità di un immobile ha lo scopo di verificarne le condizioni di sicurezza;
- quello di sanzionatorio edilizio ha l’obiettivo di assicurare il rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica.
Analogamente, non vi è contraddittorietà tra l’attività sanzionatoria edilizia e l’atto di autorizzazione all’esercizio della ristorazione, atteso che quest’ultimo non vale ad esplicare effetti ampliativi o sananti in ambito edilizio.
Ma l’agibilità dei locali conta?
Gli appellanti sostengono, invece, che siano rilevanti sia la licenza rilasciata per l’attività di ristorazione sin dal 1999, sia il certificato di agibilità rilasciato nel 2010: tali provvedimenti, uniti all’inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di controllo sul rispetto della disciplina urbanistica, avrebbero contribuito a ingenerare l’affidamento nella conservazione dello stato dei luoghi.
Analogo rilevo attribuiscono alle attestazioni di regolarità urbanistica, tra cui quella del 30 aprile 1999, con cui si certificava la connotazione commerciale che l’immobile aveva assunto all’esito dei lavori di ripristino e consolidamento, che essi ritengono siano stati legittimamente eseguiti.
Certificato di agibilità e regolarità urbanistica non sono collegati
Palazzo Spada, in linea con quanto affermato dal TAR, rigetta l’appello partendo dal presupposto che il rilascio del certificato di agibilità di un immobile non attesta la regolarità edilizia ed urbanistica dello stesso.
Si tratta, infatti, di provvedimenti che presidiano interessi diversi: il primo è diretto ad attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’edificio, mentre il titolo edilizio attesta la regolarità edilizia e urbanistica.
La mancanza del titolo edilizio comporta la sanzionabilità dell’attività realizzata.
Ne discende che il rilascio del certificato di agibilità non è sintomo di contraddittorietà della sanzione demolitoria irrogata ma, al contrario, la mancanza del titolo edilizio depone per l’illegittimità del certificato di agibilità in quanto, attesa la specifica finalità di tale certificazione per come descritta dall’art. 24 comma 1 del dpr 380/2001, non è possibile legittimamente rilasciare un certificato di agibilità se non sussiste la conformità ai parametri normativi di carattere urbanistico e/o edilizio (Cons. Stato, Sez. VII, 5 gennaio 2023, n. 180).
Analoghe considerazioni vanno svolte con riferimento alla licenza di esercizio commerciale rilasciata nel 1999, trattandosi di atto autorizzativo relativo all’esercizio dell’attività di ristorazione, che non esplica effetti ampliativi o sananti sul piano edilizio- urbanistico: non risultano in atti titoli abilitativi per il cambio di destinazione d’uso e per la realizzazione delle opere contestate, che hanno dato luogo a nuova volumetria in zona vincolata.
Quindi, in mancanza di qualsivoglia principio di prova a supporto delle dichiarazioni degli appellanti e del tecnico di parte, deve ritenersi che la destinazione a ristorante sia stata impressa dagli appellanti dopo l’acquisto dell’immobile (licenza del 1999) in assenza di permesso e con realizzazione abusiva delle opere contestate con l’ordinanza impugnata.
Ultimo aggiornamento
21 Marzo 2023, 23:35