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Cambio di destinazione d’uso nei centri storici, si può fare con la SCIA?

Cambio di destinazione d’uso nel centro storico di Firenze: il Tar chiarisce che dopo la recente modifica al Testo Unico dell’edilizia è possibile anche con una semplice SCIA Una Banca presentava una segnalazione certificata inizio attività (SCIA) per un intervento di risanamento conservativo, diretto ad operare un cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale.

Data:
7 Settembre 2017

Cambio di destinazione d’uso nel centro storico di Firenze: il Tar chiarisce che dopo la recente modifica al Testo Unico dell’edilizia è possibile anche con una semplice SCIA

Una Banca presentava una segnalazione certificata inizio attività (SCIA) per un intervento di risanamento conservativo, diretto ad operare un cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale.

L’immobile in questione ricadeva nel centro storico di Firenze, assimilato alla zone “A” del D.M. 1444/1968, e sottoposto al limite di intervento del risanamento conservativo.

Il Comune di Firenze inibiva, con un’ordinanza, l’intervento di mutamento di destinazione d’uso, ritenendo di applicare al caso in esame i principi contenuti nella recente sentenza della Cassazione n. 6873/2017, nella parte in cui qualificava gli interventi edilizi che comportano il cambio di destinazione d’uso con opere, nell’ambito della “zona A”, quali interventi riconducibili alla ristrutturazione edilizia, suscettibili di richiedere il previo rilascio di un permesso di costruire.

La Banca presentava ricorso al Tar Toscana contro l’ordinanza del Comune di Firenze.

Cambio di destinazione d’uso nel centro storico di Firenze

La questione del cambio di destinazione d’uso nel centro storico di Firenze è stata oggetto negli ultimi mesi di importanti discussioni ed attente riflessioni.

Tutto è nato da una sentenza di Cassazione, che sanciva l’obbligo di presentazione del permesso di costruire in caso di richiesta di cambio di destinazione d’uso nei centri storici.

Gli Ermellini, avendo definito tale tipologia di intervento come una ristrutturazione edilizia pesante, avevano reso obbligatoria la presentazione del permesso di costruire, rendendo di fatto quasi impossibile procedere al cambio di destinazione d’uso nei centri storici.

Per chiarire la questione e ristabilire le regole all’interno dei centri storici, il legislatore intervenne con la legge di conversione del dl “manovrina” fiscale sul testo unico dell’edilizia ed effettuava alcune puntualizzazioni sulla definizione di restauro e risanamento conservativo.

Per cui il nuovo articolo 3, comma 1, lettera c del dpr 380/2001 prevede che:

gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio

In tal modo, con questa nuova definizione di interventi di restauro e risanamento conservativo, si apre alla possibilità di concedere il cambio di destinazione d’uso anche all’interno dei centri storici tramite la presentazione di CILA o SCIA.

Sentenza del Tar Toscana

Il Tar Toscana si esprime, con la sentenza n. 1009/2017, sul ricorso presentato dalla Banca contro il Comune di Firenze.

Secondo il giudice di primo grado l’ordinanza del Comune di Firenze si basa sulla su citata sentenza di Cassazione, secondo cui ogni volta in cui vi sia cambio di destinazione d’uso in “zona A”, l’intervento così riferito deve essere qualificato come ristrutturazione edilizia e deve richiedere il previo rilascio di un permesso di costruire.

Dette conclusioni hanno però l’effetto di sancire una sostanziale equiparazione tra gli interventi di ristrutturazione edilizia e quelli di restauro e risanamento conservativo, prevedendo la necessità del permesso di costruire per il solo fatto che l’immobile insista nella “zona A” e, ciò, a prescindere da un esame delle caratteristiche del singolo intervento.

Un intervento di ristrutturazione edilizia è tale quando viene modificata la distribuzione della superficie interna e i volumi, così configurandosi quel rinnovo degli elementi costitutivi e quell’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo che, a loro volta, presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie.

Un intervento di restauro e risanamento conservativo è tale quando sono rispettati gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio senza modifiche all’identità, alla struttura e alla fisionomia dello stesso, essendo detto intervento diretto alla mera conservazione, mediante consolidamenti, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, dell’organismo edilizio esistente, ed alla restituzione della sua funzionalità.

La recente legge di conversione, come già sopra analizzato, ha modificato il testo unico dell’edilizia, introducendo una terminologia diretta a riaffermare, con maggiore chiarezza e incisività, come siano sempre da ricomprendere, nell’ambito degli interventi di restauro e risanamento conservativo, anche gli interventi diretti a realizzare un mutamento delle destinazioni d’uso.

L’intervento in questione è suscettibile di essere qualificato come restauro e risanamento conservativo e, ciò, considerando come si sia lasciata sostanzialmente inalterata la struttura dell’immobile e la suddivisione interna dei locali.

Pertanto il Tar accoglie il ricorso presentato dalla Banca, ritenendo l’intervento di risanamento conservativo, per cui non è obbligatorio il permesso di costruire.

Ultimo aggiornamento

7 Settembre 2017, 23:16