Cambio destinazione d’uso: SCIA o permesso di costruire?
Cassazione: il cambio destinazione d’uso con SCIA può avvenire solo tra classi urbanistiche omogenee; in caso contrario occorre il permesso di costruire Il cambio di destinazione d’uso senza opere è sottoposto a SCIA se si trova nell’ambito della medesima categoria urbanistica, ma serve il permesso di costruire per le modifiche che prevedono il passaggio di categoria o quando il cambio destinazione d’uso riguarda centri storici.
Data:
5 Novembre 2018
Cassazione: il cambio destinazione d’uso con SCIA può avvenire solo tra classi urbanistiche omogenee; in caso contrario occorre il permesso di costruire
Il cambio di destinazione d’uso senza opere è sottoposto a SCIA se si trova nell’ambito della medesima categoria urbanistica, ma serve il permesso di costruire per le modifiche che prevedono il passaggio di categoria o quando il cambio destinazione d’uso riguarda centri storici.
Questo il chiarimento riportato nella sentenza n. 40678/2018 della Corte di Cassazione.
I fatti in breve
Il Tribunale di Reggio Emilia condannava il locatario di un immobile alla pena di 1.000 euro di ammenda (ai sensi dell’art.44 del dpr 380/2001), quale esecutore materiale della modifica della destinazione d’uso dell’immobile in contrasto con il Regolamento urbanistico edilizio: da esercizio commerciale di vicinato ad attività ludico-ricreativa.
Il proprietario dell’immobile, concesso in locazione, chiamato a rispondere in concorso del medesimo reato, veniva assolto per non aver commesso il fatto.
Avverso tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.
Decisione della Cassazione
La Corte ha chiarito (richiamando anche il consolidato orientamento giurisprudenziale) che la destinazione d’uso individua il bene sotto l’aspetto funzionale e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione. L’organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono, infatti, realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d’uso in tutte le loro possibili relazioni; pertanto, le modifiche non consentite incidono negativamente sull’organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo assetto territoriale.
Non è, perciò, sufficiente dimostrare che il mutamento della destinazione d’uso sia stato eseguito in assenza di opere edilizie interne, ma occorre dimostrare che il cambio della destinazione presenti il requisito dell’omogeneità, nel senso che sia intervenuto tra categorie urbanistiche omogenee perché il cambio, allorquando investe categorie urbanistiche disomogenee di utilizzazione, determina, come nella specie, un aggravamento del carico urbanistico esistente.
In definitiva, in tema di reati edilizi, il mutamento di destinazione d’uso senza opere è assoggettato a:
- SCIA, nel caso in cui si interviene nell’ambito della stessa categoria urbanistica
- permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici, anche all’interno di una stessa categoria omogenea
Nel caso in esame, hanno ribadito gli ermellini, il cambiamento della destinazione d’uso era stato effettuato con riferimento a categorie tra loro incompatibili: trattasi di esercizio in cui viene svolta l’attività di elaborazione dati relativi all’attività di giochi e scommesse, classificato in zona B17, e, quindi, non consentita in una zona non produttiva, come quella in cui era ubicato detto locale.
Trattandosi di attività differenti e ravvisata l’inosservanza della prescrizione contenuta nel regolamento edilizio, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Ultimo aggiornamento
5 Novembre 2018, 20:45