Cambi di destinazione d’uso tra aree non omogenee: serve il permesso di costruire
Tar Lazio: il cambio di destinazione d'uso da abitazione ad ufficio, anche se eseguito senza opere, soggiace ormai al permesso di costruire, e ciò al pari della ristrutturazione edilizia c.d. "pesante".
Data:
20 Novembre 2023
Non si può ottenere una sanatoria straordinaria per un cambio di destinazione d’uso di un immobile tra categorie non omogenee.
Lo ha precisato il Tar Lazio nella sentenza 16569/2023 dello scorso 8 novembre, che riepiloga le regole del cd. Terzo condono, collocando – in virtù di quanto stabilito dal Testo Unico Edilizia – un cambio di destinazione d’uso da abitazione a locale professionale nello stesso alveo della ristrutturazione edilizia pesante, per assentire il quale serve il permesso di costruire.
Le regole per i cambi di destinazione d’uso
Si dibatte su una richiesta di condono edilizio (art.32 comma 26 e 27 del DL 269/2003) per tre manufatti di mq. 23, 45 e 80, protagonisti di “modesti interventi di risanamento conservativo e ripristino dell’uso residenziale“, cioè, di cambi di destinazione d’uso tra aree non omogenee.
Le regole del Terzo Condono edilizio
Il TAR ricorda che, sulla base delle previsioni dettate dall’art. 32, commi 26 e 27, del decreto legge 269-2003 (cd. Terzo condono edilizio) e dagli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della legge regionale del Lazio n. 12 del 2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 del DL 269/2003, integrate dalle opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi, riconducibili alle tipologie di illecito di cui ai nn. 1, 2 e 3, del menzionato Allegato, interviene una preclusione legale alla sanabilità delle opere abusive.
Cambio d’uso tra aree non omogenee: serve il permesso di costruire
Inoltre, evidenzia il Collegio, il cambio di destinazione d’uso di un immobile tra categorie non omogenee è riconducibile alla tipologia di abuso n. 3, e cioè agli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 comma 1 lettera d), del DPR 380/2001, non potendo essi qualificarsi né come nuove costruzioni, né come attività di manutenzione straordinaria, né tanto meno come attività di restauro o risanamento conservativo (cfr. Tar Lazio, II sez. stralcio, 19 giugno 2023, n. 2023).
Le considerazioni che precedono risultano tra l’altro confermate dall’ormai consolidata giurisprudenza amministrativa a rigore della quale il cambio di destinazione d’uso da abitazione ad ufficio, anche se eseguito senza opere, soggiace ormai al permesso di costruire, al pari della ristrutturazione edilizia c.d. “pesante”.
Come, infatti, precisato dal Consiglio di Stato nella sentenza 6562/2018:
- “Non può condividersi dunque quanto talora affermato dalla giurisprudenza più risalente, secondo cui il cambio d’uso da abitazione ad ufficio, anche se eseguito senza opere, non sia mai soggetto a permesso di costruire, e ciò anche perché un immobile destinato ad attività professionale presuppone un traffico di persone e la necessità di servizi e, quindi, di “carico urbanistico” superiore a quello di una semplice abitazione. Pertanto, il mutamento di destinazione d’uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all’ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l’ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall’Amministrazione nell’esercizio del suo potere di vigilanza“;
- “Soltanto il cambio di destinazione d’uso fra categorie edilizie omogenee non necessita di permesso di costruire (in quanto non incidente sul carico urbanistico) mentre, allorché lo stesso intervenga tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee, integra una vera e propria modificazione edilizia con incidenza sul carico urbanistico, con conseguente necessità di un previo permesso di costruire, senza che rilevi l’avvenuta esecuzione di opere. Dunque, il mutamento di destinazione d’uso di un fabbricato che determini, dal punto di vista urbanistico, il passaggio tra diverse categorie in rapporto di reciproca autonomia funzionale, comporta inevitabilmente un differente carico ed un maggiore impatto urbanistico, anche se nell’ambito di zone territoriali omogenee, da valutare in relazione ai servizi e agli standard ivi esistenti“.
Ultimo aggiornamento
20 Novembre 2023, 22:47